Una strage silenziosa a Palermo: sempre più giovani vittime dell'uso di crack e cocaina

4' di lettura 27/01/2023 - Un problema sottaciuto, forse sottostimato, ma aumentano i numeri di giovani, poco più che adolescenti, che perdono la loro vita per l'uso di droghe. Crack, eroina o ancor peggio il mix micidiale di ambedue, che non da' scampo a giovani vite e alle loro famiglie.

Il racconto che vi sottoponiamo è crudo, ma vuole rappresentare, non solo il grido di dolore di un genitore che ha tentato in tutti i modi di strappare il giovane figlio alla schiavitù della droga, ma anche utilizzare il mezzo del racconto, per aiutare altri genitori a conoscere e riconoscere questo mondo oscuro, per fare tutto ciò che deve essere fatto e potere salvare giovani vite da una morte infame. Giulio, questo è il nome del giovane, poco più che diciannovenne, di Palermo, che qualche mese fa ha perso la vita per overdose. Un calvario, quello vissuto dal padre Francesco Zavatteri, farmacista di Palermo, che scopre in maniera del tutto casuale che Giulio, con l'ingresso al Liceo all'età di quattordici anni, ha cominciato a fumare marijuana. Fino a quel momento-esordisce il papà- gli anni di crescita del figlio sono stati felici, anche se Giulio, sin da piccolo aveva dimostrato una sensibilità emotiva e comunicativa non comuni.

Imparava rapidamente e già all'età di cinque anni parlava e comprendeva la lingua inglese. L'arte, il disegno, il canto e tante attività, dove manifestava una sensibilità particolare. Giulio nascondeva, dietro una maschera di apparente felicità, una sofferenza interiore e una difficoltà di adeguarsi a una vita normale. Cosicché’, dopo la scoperta dell'uso di marijuana, abbiamo cercato di parlargli, poi di farlo seguire da uno psicologo, però in questo percorso di vita si è sempre messo di traverso e nonostante noi cercassimo di essergli vicino, di aprire un dialogo, non siamo comunque riusciti. Un percorso difficile, molto accidentato e dove spesso le Istituzioni ci hanno lasciati soli, se non addirittura, in qualche caso, hanno creato delle altre difficoltà e complessità in questo percorso che poi ha portato, purtroppo, alla morte di Giulio.

Avete pensato anche alla possibilità d'inserimento in una Comunità, chiediamo a Francesco Zavatteri: "Purtroppo in Sicilia non esiste una comunità adeguata alla cura dell'abuso di sostanze, per cui molto spesso questi ragazzi sono indirizzati in Comunità gestite da tossicodipendenti che vogliono aiutare, ma non ci riescono, oppure sono indirizzate in Comunità all’Italia settentrionale che il più delle volte, come nel nostro caso, si sono rivelate un fallimento assoluto". Giulio -prosegue Zavatteri- è stato dal Sert di Palermo indirizzato a una Comunità a Torino, una comunità per doppia diagnosi, perché in particolare chi fa uso del crack, com'è successo a Giulio, ha la Sindrome border-line della personalità, e quindi il luogo che sembrava più idoneo a curare questo malessere, indotto soprattutto dall'uso di questa sostanza, si è rivelata una Comunità assolutamente fallace e inutile, dove l'Asp di Palermo, attraverso la Regione siciliana, pagava una retta di 160 euro il giorno, esattamente poco più di 4.800 euro il mese, per non svolgere quasi nessuna attività.

È importantissimo potere aiutare questi giovani creando delle strutture adeguate per poterli accogliere. La mia idea, dopo la scomparsa di Giulio è stata quella, intanto, di organizzare un evento al teatro Massimo per commemorarlo, perché Giulio era un'artista, disegnava, dipingeva in un modo stupendo, e se verrete, potrete vedere anche le sue opere. Inoltre scriveva pezzi, cantava un ragazzo pieno di risorse'idea di organizzare quest'evento per raccogliere dei fondi per aprire un drop in, cioè un Centro di accoglienza a bassa soglia per tutti quei ragazzi che fanno uso di questa droga micidiale che sta dilagando a Palermo come in altre città d'Italia e d'Europa, che distrugge la mente di questi ragazzi e le famiglie, portandoli in pochissimo tempo, immancabilmente, alla morte o alla schizofrenia nella migliore delle ipotesi. Creare un Centro, dove da un lato le Istituzioni facciano la loro parte, con medici specializzati per curare questo tipo di dipendenza e dall'altra il terzo settore, il volontariato.

Un Centro dove questi ragazzi possano ristorarsi e riposare e contemporaneamente organizzare all'interno di questa struttura dei laboratori di arte, di pittura, di musica, di danza, anche dei convegni mirati alla comprensione di questo fenomeno disastroso che già ha ucciso diversi ragazzi e se continua così, probabilmente ne ucciderà altri.
Una disamina attenta, fatta attraverso la confessione di un genitore che vuole con il suo sofferto racconto, ma soprattutto con le azioni che sta promuovendo,
sensibilizzare un'opinione pubblica spesso troppo distratta, ahimè fino a quando il problema non bussa alla propria porta.

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Questa è un'intervista pubblicata il 28-01-2023 alle 08:58 sul giornale del 28 gennaio 2023 - 114 letture

In questo articolo si parla di cronaca, intervista, Claudio Di Gesù

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